La Moda non è solo stilisti, modelle, fotografi e truccoparrucco.
La Moda è comunicazione, è marketing, è stores.
Ma chi comunica, chi vende, chi crea gli stores?
Chi fa la Moda?

A cura di Ilaria Caroli.

I MESTIERI DELLA MODA: visual merchandiser.
Il Visual Merchandiser è il responsabile della comunicazione visiva all’interno del punto vendita, è una figura capace di unire creatività e strategia di marketing visivo. Attraverso il layout del negozio deve creare un percorso fatto di punti focali che attirino i consumatori verso i punti caldi delle collezioni ma che rendano obbligato il passaggio in zone meno interessanti così da invogliarne l’acquisto. Attraverso l’esposizione della merce deve essere in grado di cogliere e far risaltare le caratteristiche distintive del prodotto, indirizzare il consumatore verso determinati capi e suggerire outfit completi che facciano fare acquisti multipli al cliente. Gestisce il continuo cambiamento espositivo del punto di vendita in funzione di stagionalità , campagna vendita promozionali, eventi speciali o ricorrenze.

Il Visual Merchandiser sintetizza in un’unica figura professionale competenze diverse di marketing e comunicazione unendole a doti creative.

La nostra protagonista, Benedetta, come molti ha cominciato come commessa in un negozio di abbigliamento e grazie alle sue doti e alla buona volontà si è fatta notare passando dal piegar magliette a creare esposizioni creative e vincenti.

Ecco a voi Benedetta.

Chi è Benedetta?
Una rompipalle, indipendente al 100%, che non crede più nella lamentela.
Il tuo lavoro?
Per me non è altro che un’ottima occasione di mantenermi e pagarmi l’università fin da quando sono andata a vivere da sola a 18 anni.
Praticamente consiste nel decidere il posizionamento della merce in negozio, si tratta di bilanciare molteplici fattori: la vendita, la novità del capo, il peso all’interno della collezione, la corrispondenza con la clientela del negozio in cui lavori etc…. in pratica da Zara arriva merce nuova due volte a settimana che man mano va ad arricchire o a modificare le collezioni di base della stagione presenti in negozio. Occuparsi del visual significa dunque inserire il capo in un contesto, ogni parete che si va a modificare dovrà dunque avere un messaggio chiaro per chi la guarda, dovrà essere gradevole alla vista, dovrà essere accattivante e dovrà dare dei suggerimenti di stile. Nulla in un negozio è appoggiato a caso, da ciò che andrà a vestire i manichini al più minuscolo oggetto posizionato sulla mensola. Occuparsi del visual significa dunque cercare il punto di contatto tra la creatività di una collezione e i numeri, il commercio.
Il tuo percorso?
Ho iniziato a lavorare a 13 anni quando d’estate andavo a guadagnarmi i soldini per fare le gite e i viaggi con la scuola. A 18 anni mi sono ritrovata a fare l’apertura del negozio Zara di Rimini, dopo 2 anni e mezzo a piegar magliette nel magazzino sono sbarcata nel trafaluc, la zona più giovane del marchio e, dato che fare la commessa non fa troppo parte della mia natura, mi sono rimboccata le maniche ed ho cominciato a curare la coordinazione del mio reparto. Ho così trovato nel visual una via per scaricare energie e creatività, o meglio, ho trovato una scuola che mi ha insegnato che creatività non è fare ciò che si vuole ma imparare a rispondere a dettami, regole e limiti ben precisi trovando sempre il modo di metterci te stesso.
Pregi e difetti del tuo lavoro?
Il pregio è sicuramente che lavoro per un’ aziende fortissima dove il dipendente non si limita ad essere un numero ma viene tenuto molto in considerazione. In più dentro Zara non c’è mai un giorno uguale a quello prima, la merce cambia continuamente e con essa cambia il modo di coordinarla: è una continua evoluzione ed è davvero stimolante. Il difetto potrebbe essere che è un lavoro davvero duro, che richiede tanta energia e che è continuamente sottoposto al giudizio di tante teste diverse. Ma questo è anche un pregio perchè questa fatica è anche una bella possibilità di crescita, umana e professionale.
Cosa consigli?
Di non lamentarsi, di rimboccarsi le maniche, di essere grati ogni tanto di quello che si sta vivendo e di non perdere mai l’umiltà.
Non consiglio nessuna scuola. O meglio, le consiglio tutte! L’importante è che non pensiate che siano le scuole ad insegnarvi dei mestieri, cominciate presto a lavorare e a mettere le mani in pasta, sarà l’esperienza a rendervi dei bravi visual o qualunque cosa vogliate diventare. Le scuole servono a tenere la mente spalancata, ad avere una cultura di riferimento con cui relazionarsi nel momento in cui si va a mettere in pratica la propria “arte”. Qualunque essa sia.

Tagged with: